TERAMO – Ci sono anche il Governatore emerito Gianni Chiodi e l’ex deputato Tommaso Ginoble tra i 12 indagati del terzo e ultimo filone d’inchiesta sulla tragedia dell’hotel Rigopiano, che il 18 dicembre del 2017 provocò la morte di 29 delle 40 persone, tra clienti e lavoratori, ospitate nel resort. Con Chiodi e Ginoble, quest’ultimo nel suo ruolo di ex assessore alla protezione civile, sono stati iscritti nel registro degli indagati l’attuale presidente Luciano D’Alfonso, il predecessore di Chiodi, Ottaviano Del Turco, e altri assessori nel ruolo di Ginoble che si sono succeduti dal 2006 al 2017, fino al giorno della valanga, vale a dire Daniela Stati, Gianfranco Giuliante e Mario Mazzocca. Il procuratore di Pescara Massimiliano Serpi e il sostituto Andrea Papalia hanno chiuso il fascicolo relativo alla mancata realizzazione della Carta di localizzazione dei pericoli da valanga e da ieri i carabinieri forestali stanno concludendo le notifiche degli avvisi.
Questo ulteriore sviluppo delle indagini ha portato all’iscrizione sul registro degli indagati in totale di 35 persone, dalla catena dei soccorsi, cioè dalla prefettura fino al comune di Farindola con gli ultimi 4 sindaci, e adesso ai politici.
A imprimere l’accelerazione alle indagini la terza denuncia presentata, a ottobre del 2017, dai parenti delle vittime attraverso gli avvocati Massimo Manieri, Cristiana Valentini e Goffredo Tatozzi, che chiama in causa proprio l’ente Regione. «È dato ormai acquisto», si legge nell’atto, «che la condotta ascrivibile ad organi della Regione Abruzzo consiste nell’omessa redazione della Clpv (la Carta di localizzazione del pericolo valanghe), prevista dalla Legge regionale numero 47 del 1992, carta», scrivono i legali dei parenti delle vittime, «che, se realizzata, avrebbe concretamente impedito il disastro di Rigopiano».
Tra i reati ipotizzati dalla Procura ci sono quelli di disastro, omicidio e lesioni plurime colposi.